Una vivissima “Città Morta”, memorabile evento a Monte Giberto

“La città morta” di D’Annunzio è andata in scena domenica 28 luglio nella Chiesa di San Giovanni di Montegiberto ad 80 anni esatti dalla memorabile rappresentazione dell’opera che andò in scena in paese nel luglio del 1944 e vide in scena: Silvio e Duilio Millevolte, Maria Nicolini Paletti nella parte protagonista che fu di Eleonora Duse, Ave Sandroni e Daria Pirmarocchi. Quella rappresentazione fu memorabile non solo per l’esito artistico ma anche per l’intreccio scabroso dei personaggi giocato fra aneliti adulterini e incestuosi. Lo scandalo fu tale che arrivò un monito ecclesiastico alla comunità, le tre attrici furono scomunicate e il locale parroco fu trasferito. A ricordo di quell’ edizione Zefferina Remia, da sempre animatrice culturale del paese nonché testimone bambina della rappresentazione e parente dei due attori, ha proposto a Maurizio Boldrini del Minimo Teatro di curare la messa in scena di una nuova versione dell’opera. E così è avvenuto dopo mesi di prove. Lo spettacolo è stato bellissimo, capace di trasportare il dramma dannunziano su un piano di lirismo poetico come è consuetudine del Minimo Teatro, con un denso, ritmico, sorprendente labirinto di segni gestuali e vocali che hanno esaltato e rilanciato la vicenda narrata verso un ulteriore opera scritta con i corpi delle attrici e degli attori. Edelvais Totò ha interpretato la cieca Anna, personaggio che fu di Eleonora Duse, con una fierezza e padronanza capace di muovere alla commozione, Annalisa Monaldi ha interpretato Bianca Maria con emozionante tenerezza rendendo il personaggio struggente e come sospeso in leggerezza nella sua sorte tragica. La nutrice interpretata da Anna Monaldi, che sulla carta sarebbe il personaggio “minore” è invece diventato il “metronomo” ritualistico di scena che con bravura ha scandito costantemente la sequenza delle scene. Alessandro Mazzuferi ha dato corpo a Alessandro, il marito di Anna, con sicurezza, incisività, e agilità nel trascolorare nei molteplici umori del personaggio. Mattia Piergentili non si è limitato a restituire la follia del suo personaggio Leonardo ma l’ha saputa tessere in sfumature di raffinata vena poetica. Le musiche all’armonium di Cristiana Millevolte e altri spunti musicali registrati di Lucio Matricardi hanno scandito in tensione e moltiplicato la grazia, che in un’ ora è stata costantemente protagonista della scena. Solo che “La città morta” non è stato solo un bellissimo e raro spettacolo è molto di più e ciò un esempio di teatro totale: non solo poetico, bensì antropologico, relazionale capace di coinvolgere tutta una comunità, non solo quella di Monte Giberto, sono arrivati spettatori da ogni dove, sono ritornati addirittura svizzeri e romani per partecipare a questo evento. Ecco per l’ appunto, una parola spesso usata a sproposito: evento, che invece in questo caso è la più appropriata per definire la portata dell’ iniziativa, pensata, fortemente voluta da quell’esile e formidabile promotrice di iniziative culturali che risponde al nome di Zefferina Remia. Hanno assistito allo spettacolo anche i figli degli attori e attrici dell’edizione del 1944, Doriana Millevolte figlia di Duilio, Marina e Alessandra Millevolte figlie di Silvio e Enzo Piermarocchi fratello di Daria, Gianna Paletti figlia di Maria. In definitiva è una “vivissima città morta” edificata dal Minimo Teatro di Maurizio Boldrini su scena di Fausto Giusti, costumi: Annalisa Monaldi, sarta: Vittoria del Gatto, trucco: Gioia Cuccu’ e Mariagrazia Bernetti, coordinazione: Teresa Sgalippa. Presentazione di Serenella Marano, dell’ Associazione Amici e Allievi del Minimo Teatro, rappresentata anche dal presidente Federico Boldrini. L’ iniziativa è stata promossa con il concorso del Comune di Montegiberto (presente il Sindaco Giovanni Palmucci che ha annunciato la prossima edificazione di un teatro per il paese) e dall’Ancescao, Centro Sociale Culturale Ricreativo “La memoria” di Montegiberto. Infine una menzione speciale per il pubblico che ha affollato la bella Chiesa di San Giovanni ottimamente restaurata: un pubblico eterogeneo, composto da paesani, allievi di teatro, artisti, forestieri, stranieri, giovanissimi e anziani tutti tutti accomunati dalla chiara percezione di aver partecipato a un evento memorabile, sigillato al termine da un interminabile applauso, di quelli che esprimono senza parole la sintesi perfetta della vissuta magia.

La città morta di D’Annunzio dopo 80 anni ritorna in scena a Monte Giberto

Nel luglio del 1944 nel teatro in legno (che fu poi demolito) di Monte Giberto andò in scena “La città morta” di Gabriele D’Annunzio che vide in scena attrici e attori bravissimi: Silvio e Duilio Millevolte, l’avvenente Maria Nicolini Paletti nella parte protagonista che fu di Eleonora Duse, Ave Sandroni e Daria Pirmarocchi. Fu una rappresentazione memorabile non solo per l’esito artistico ma anche per l’intreccio scabroso dei personaggi giocato fra aneliti adulterini e incestuosi. Lo scandalo fu tale che arrivò una scomunica alla comunità e il locale parroco fu trasferito!
A 80 anni esatti da quell’evento Zefferina Remia, da sempre animatrice culturale del paese nonché testimone bambina della rappresentazione e parente dei due attori, ha proposto a Maurizio Boldrini di curare la messa in scena di una nuova versione dell’opera. A seguito di diversi mesi di prove, il 28 di luglio (con due giorni d’anticipo sull’ottantesimo) presso la Chiesa di San Giovanni in Montegiberto il Minimo Teatro presenta la prima con in scena Edelvais Totò, Annalisa Monaldi, Anna Maria Monaldi , Alessandro Mazzuferi e Mattia Piergentili. Il regista Maurizio Boldrini ha coinvolto per le musiche di scena due nipoti degli attori di allora: Lucio Matricardi nipote della protagonista Sig.a Paletti e Cristiana Millevolte nipote dei due attori maschili. Ovviamente c’è grande attesa, non solo a Montegiberto, per questa nuova versione che, essendo targata Minimo Teatro, custodisce la fondata speranza per gli spettatori di essere testimoni e partecipi di una rinnovata ed alta poesia. L’ iniziativa è promossa dal Comune di Montegiberto e dall’Ancescao, Centro Sociale Culturale Ricreativo “La memoria” di Montegiberto.
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Ciao Giancarlo

Leggendo la biografia di Giancarlo Guardabassi, è impressionante la grandezza delle esperienze che ha attraversato vivendo da protagonista la storia della musica italiana. Geniale inventore di programmi Rai, compositore per tanti cantanti di successo, cantante egli stesso, presentatore dell’ultimo Festival di San Remo in bianco e nero. E poi inventore di Radio Aut Marche, una delle primissime radio private, che fino a qualche anno fa ha trasmesso da Francavilla d’Ete. Non è possibile (né mi pare giusto) comprendere in una nota enciclopedica, in un articolo, in un saggio ciò che Giancarlo Guardabassi è stato. Ora che è morto egli viva come esempio di persona libera, sempre sempre libera in un mondo dello spettacolo che fa di tutto per omologare e ridurre a regime. Giancarlo Guardabassi è stato innanzitutto esempio di quella libertà che costa a coloro (pochissimi) che come lui ne sentono costantemente l’urgenza. L’essere veramente libero si paga vivendo, gli altri guadagnano milioni e a te tocca vivere con modeste elargizioni di qualche amico che sgancia qualcosa per un po’ di pubblicità (a Radio Aut costava molto poco per gli alti ascolti che faceva). Lui gran signore, figlio della baronessa Orietta e del conte Alberto in Perugia (non l’ho mai sentito vantarsi per le sue nobili origini) cenava con una mela e via al microfono della sua radio a collegare la varia umanità del suo microcosmo. Nessuno al mondo come Giancarlo Guardabassi è stato capace di mettere in dialogo radiofonico il vertice dell’erudizione e delle conoscenze in ambito scientifico e artistico con le persone considerate semplici. Una gran dote di Giancarlo era l’ intelligenza, non quella delle sedicenti scienze esatte, l’intelligenza più alta, quella che percepisce immediatamente e sa reagire in base all’anima che spira da voci, sguardi, gesti; quell’intelligenza che sa equilibrare e portare sulla stessa lunghezza d’onda l’alta e la bassa quota per farne occasione di relazione e conoscenza. Ma quando sbottava diventava anche furioso con i radioascoltatori, non tollerava la stupidità che si ripete nella sua insistenza, però dava spazio a tutti con inaudita pazienza e con una rarissima capacità di ascolto. Tanto colto e intelligente da poter parlare anche con le casalinghe, che lui chiamava casalingue, lo adoravano. Non riesco a scrivere altro, non vedo la tastiera con le lacrime, aggiungo solo che ora che ci penso, è l’unica persona del cosiddetto mondo dello spettacolo con il quale io mi sia sentito in perfetta sintonia. Con infinita ammirazione un altrettanto infinito ringraziamento, ciao Giancarlo.